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Da Porlezza Giovanni
(Vicenza, XVI sec. – 1550). Figlio di Giacomo da Porlezza, che aveva la propria bottega in contrà Pedemuro a Vicenza, risulta iscritto alla fraglia dei lapicidi a partire dal 1495. Apprezzato dal Vasari, lavorò nella propria bottega assieme all’altro grande scultore cinquecentesco di Vicenza, Girolamo Pittoni. Alla loro collaborazione si devono fra gli altri lavori, la tomba di Girolamo Da Schio e l’altare Dell’Acqua nella cattedrale di Vicenza. Fra i suoi allievi è da segnalare Andrea Palladio.

Da Vicenza Girolamo
(Vicenza, XV sec.?). Quasi inesistenti sono le informazioni su questo scultore, a cui sono attribuite solo tre statue: la Madonna con Bambino del santuario di Santa Maria della Neve a Carrè – firmata e datata al 1490 –, quella del santuario di Santa Maria del Cengio e quella scledense.

Dal Bianco Antonio
(Schio, 1768 – Vicenza, 1858). Scolaro del pittore Giuseppe Calore, su di lui è rimasto il severissimo giudizio di Domenico Bortolan: «cattivo pittore che coperse dei suoi pennelli molte pareti in villaggi e chiese, ma quel ch’è peggio rovinò molti quadri col pretesto di restaurarli» e segnalava come «una delle sue cose meno cattive» l’affresco scledense. Al di là di tale impietoso parere, Dal Bianco fu pittore molto attivo in ambito vicentino, benché si riveli «artista modesto legato alla tradizione locale con particolare riferimento a Giacomo Ciesa» (Chiara RIGONI, La carità a Vicenza, Vicenza 2002, p. 157 – Cfr. anche Mario SACCARDO, Notizie d’arte, p. 323–326).

Dall’Olmo Bortolo
Dopo aver trascorso la giovinezza a San Tomio, dove era nato nel 1853, si trasferí prima a Santorso, poi a Malo; qui aprí bottega di falegname. Numerose opere sue sono nella chiesa di San Tomio.

Dalla Vecchia Emilio
Emilio Dalla Vecchia, figlio di Marco Antonio, appartiene alla ben nota famiglia di intagliatori, doratori, scultori di Santorso, vera e propria dinastia di artisti nella lavorazione del legno, attivissima nelle chiese della nostra zona nel sec. XIX e nella prima metà del XX sec.

Dalla Vecchia Marco Antonio
(San Rocco di Tretto, 1824 – Santorso, 1879). Figlio di Pietro Paolo sr. capostipite di questa famiglia di intagliatori, alla morte del padre, ne continuò l’attività di intagliatore raggiungendo una qualche notorietà nell’ambito artistico altovicentino.

Dalla Vecchia Pietro Paolo jr.
(Santorso, 1856 – 1940). Sicuramente il piú dotato esponente della famiglia, alla morte del padre Marco Antonio lo sostituí a capo della bottega e in pochi anni le fece raggiungere rinomanza nazionale (a lui si affidò anche il patriarca di Venezia, card. Giuseppe Sarto). Suoi lavori sono in moltissime chiese vicentine e si contraddistinguono per l’elegante disegno e la raffinata esecuzione.

Dalla Vecchia Pietro Paolo sr.
(San Rocco di Tretto, ? – post 1856). È il primo rappresentante della stirpe di intagliatori, la cui bottega a Santorso forní l’arredo sacro a numerosissime chiese della diocesi. Ben poco si sa di lui, se non che ebbe casa e bottega per qualche tempo a Santorso. Sue opere sono nella chiesa di San Vito di Leguzzano.

De Maria
I fonditori De Maria, originari di Valdobbiadene, si trasferirono a Vicenza nel secolo XVI ed aprirono la loro fonderia a Borgo Padova. Nel 1637 Antonio Maria fondeva la campana maggiore della chiesa di San Marcello a Vicenza e nel 1661 quella di San Domenico. Altre opere sono: 1681 il campanone del Duomo, nel 1694 il campanone di San Lorenzo, nel 1696 la campana di Santa Lucia e nel 1697 la campana di San Giuliano, sempre a Vicenza. Dal 1707 le opere vennero contrassegnate con «Opus fratrum de Maria». Altre opere sono la campana dei Servi del 1707, la campana maggiore di Santa Croce nel 1714 e quella della complesso dei Santi Felice e Fortunato, nel 1768.

De Mio Giovanni
(Schio, 1510/12 – Napoli, 1570?). Figlio forse di un Bartolomeo Gualtiero (da cui il nome di De Mio) fu pittore e mosaicista apprezzato dai contemporanei, tanto che Palladio stesso lo definí «huomo di bellissimo ingenio». È ricordato per la prima volta nel 1537 come collaboratore di Vincenzo Bianchini (1517–63) ai mosaici di San Marco a Venezia. Dopo un viaggio in Toscana, dove lavora al Camposanto di Pisa (1538), tornò a Venezia e vi operò come mosaicista. Dopo il 1541 lavora alla decorazione della cappella Sauli in Santa Maria delle Grazie a Milano, poi, in patria, esegue Il martirio di san Lorenzo, per la parrocchiale di Torrebelvicino e la decorazione della villa Thiene a Quinto Vicentino. Nel 1556 è ancora a Venezia, dove lavora al salone sansoviniano della Marciana. Sarà poi in Umbria, a Padova, a Napoli e a Cosenza, dove dipinge l’ultima opera sua. Il suo stile riflette i modi del manierismo toscano di Giorgio Vasari e Francesco Salviati. Come Fratina Vicentino firma alcune opere nel Trentino. È noto anche con il nome di Gualtiero Padovano.

De Pieri Giovanni Antonio
Giovanni Antonio De Pieri (o Di Pieri) (Vicenza, 1671 – 1751), detto lo Zoppo a causa di una menomazione fisica, secondo Renato Cevese, «non è un minore: né in senso relativo all’ambiente vicentino, né in senso assoluto. A mio giudizio, si colloca tra i maggiori artisti veneti del Settecento». Allievo del Maffei, è attivo a Vicenza (nel cui museo civico ci sono anche numerosi disegni) e nel territorio, come anche nel Padovano.

Del Fabbro Pietro
L'architetto Pietro Del Fabbro (1893 – 1971) fu «autore tra l'altro del progetto del Sacrario militare di Fagarè, del Tempio votivo di Treviso, della Basilica di Santa Maria Ausiliatrice di Treviso, di varie chiese tra cui quella di Mazzocco in collaborazione del figlio Antonio. Riedificò diverse case della Treviso bombardata, tra cui la Vecchiati in piazza San Leonardo, e collaborò alla ricostruzione del Seminario dopo il bombardamento e al restauro del castello di Lorenzago, proprietà del Seminario. Nel Bellunese sono sue le chiese di Lamon e di Sedico – Bribano; suoi i Templi – Ossari di Padova, di Bassano, di Schio e i monumenti Ossari del Passo del Tonale e dello Stelvio». (Roberto BINOTTO, Personaggi illustri della Marca Trevigiana. Dizionario bio – bibliografico dalle origini al 1996, Treviso 1996, p. 231).

Diedo Antonio
(Venezia, 1772 – 1847). Dopo la prima formazione presso il Seminario di Padova, si avvicinò all’architettura. Sposatosi e rientrato in Venezia, continuò la sua preparazione stringendo amicizia con il Selva, di cui si riconobbe discepolo; ciò gli procurò notevole fama, tanto da essere consultato anche dal Canova per l’erezione del tempio di Possagno. La sua attività d’architetto lo vide attivo, solo per restare in ambito vicentino, a Schio, Piovene e Breganze.