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Comune di Schio

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Monumento

L'Omo

L'Omo - Monumento al Tessitore

Titolo: l'"Omo"- Monumento al Tessitore

Tipo di monumento: statua su piedestallo, con otto formelle scritte. Sulla colonna compare la scritta "AI SUOI TESSITORI / ALESSANDRO ROSSI 1879"

Materiale: pietra bianca e granito

Ubicazione: piazza Alessandro Rossi, di fronte al Duomo (45° 42' 51.52'' N, 11° 21' 33.00'' E)

Autore: Giulio Monteverde, scultore

Periodo: seconda metà '800

Inaugurazione: 21 settembre 1879

Soggetto: il Monumento al Tessitore, collocato su un alto piedistallo cilindrico a base ottagonale dovuto al Caregaro Negrin, viene dedicato nel 1879 da Alessandro Rossi ai suoi operai per mostrare loro la figura del tessitore modello, che non è certo quello reale, affaticato dalla fabbrica, bensì quello voluto dall' imprenditore, come rivela la sicurezza statuaria della persona possente che tiene in mano, con orgoglio, l'arnese del suo mestiere, la navetta, alla quale volge lo sguardo, e vicino ai piedi il prodotto del suo lavoro, i tessuti. La vita dell' operaio "modello" si ispira ai principi dettati dall' imprenditore e incisi a caratteri cubitali alla base del piedistallo: "Rivendichiamo rinnovando l'arte dei padri -eguali dinnanzi al telaio come dinnanzi a Dio - l'avvenire è dei popoli lavoratori - capitale lavoro di ieri lavoro di domani - pronti alla navetta per la famiglia, alla carabina per l'Italia ed il Re - il lavoro ci affranca ed eleva - conquiste di lavoro conquiste d'oro - dal telaio il risparmio, dal risparmio la proprietà". Attualmente l'Omo rappresenta per gli scledensi il simbolo di quella attività industriale a cui la città deve la sua notorietà.

Biografia autore: Giulio Monteverde nacque a Bistagno l'8 ottobre 1837, da Vittorio, bracciante proveniente da Casale e da Teresa Rondanino di Acqui Terme. Trascorre la sua infanzia tra Acqui e Casale Monferrato, dove imparerà i primi rudimenti dell'arte di intagliatore in legno presso il Merletti. In questo periodo produce le prime opere: crocifissi intagliati e teste di serafini, alcune delle quali si possono ammirare ancora oggi nel portale maggiore della chiesa di S. Francesco in Acqui e di S. Secondo in Asti. Spostatosi giovanissimo da Casale, dove lavorava presso la bottega del padre di Leonardo Bistolfi, altro futuro celebre scultore piemontese, si trasferisce a Genova. Tra il 1857 e il 1859 opera con il Bottaro e con il mobiliere Giacinto Grosso. Nel 1859, pur continuando a lavorare d'intaglio, frequenta i corsi dell'Accademia Linguistica di Belle Arti e, nei quattro anni che dura il corso, ottiene ambiti premi e riconoscimenti fino a vincere il Pensionato per l'Accademia di S. Luca in Roma. Il periodo romano è tra i più drammatici e fecondi della sua vita di scultore.
La famiglia cresce, i bisogni aumentano, rasenta l'indigenza. Poi, finalmente, nel 1867 viene notato dal re del Wurtemberg, Guglielmo che gli acquista un'opera creata poco tempo prima: il gruppo dei "Bambini che giocano con il gatto". Esposto a Monaco di Baviera, il gruppo segna l'inizio della sua fama di scultore. Con il "Colombo giovinetto" (1870), con il "Genio di Franklin" (1871) e, soprattutto, con il "Jenner" (1873), la gloria di Monteverde è fatta e il suo nome varca gli oceani.
Negli anni successivi sarà sommerso da richieste di monumenti celebrativi, cimiteriali o, semplicemente, di busti-ritratto e, nella sua lunga carriera artistica con oltre settant'anni di attività, sarà protagonista di tutti i movimenti estetici che caratterizzano la plastica della seconda metà del secolo scorso. Il 3 Ottobre 1917, sulla soglia dell'ottantesimo anno di età, si spegne a Roma e la sua morte passa quasi inosservata a causa del tristissimo periodo di guerra e della tragedia incombente sul Paese e sull'Europa. Stilisticamente, Giulio Monteverde viene inserito fra gli scultori "Veristi", cioè tra coloro che militano nelle file del movimento estetico affermatosi in Italia e propugnante, in concordanza con il naturalismo francese, una rappresentazione oggettiva della realtà, anche nei suoi aspetti più umili. Indubbiamente, se osserviamo la sua produzione plastica del decennio 1860/70, non possiamo negare che il suo fare presenti analogie con gli assunti estetici di quel movimento, fra l'altro innovatori rispetto ai canoni accademici. Ma, d'altra parte, lo scultore non si limita a guardare la realtà e riprodurla nei suoi particolari, come viene percepita dai nostri sensi: sulla scorta di una solida cultura accademica e di uno sconfinato amore per la bellezza formale del corpo umano, egli trasfonde nelle sue opere quella commozione romantica, quel palpito prepotente di vita che sono i segni distintivi del suo stile.

Storia e aneddotica: originariamente l'opera era collocata al centro del piazzale maggiore della "Nuova Schio", quartiere voluto e realizzato da Alessandro Rossi, all' incontro dei viali Pietro Maraschin e A. Rossi, vicino all' ingresso dell' area della fabbrica e dell' asilo di maternità. Quando poi la strada venne collegata a via Rovereto, che metteva in comunicazione Schio con il Trentino attraverso il Pian delle Fugazze, la statua venne spostata in un vicino giardino, finchè nel 1945, immediatamente dopo la liberazione, il monumento venne trasferito in Piazza Alessandro Rossi, nel cuore del centro storico, diventando l'emblema tipico dell' immagine della città, l'"Omo" per antonomasia. Fu trasportato di notte con carretti, con l'aiuto gratuito dell'impresa Anselmi. Schio da allora ammira la statua davanti al Duomo!

Il Monumento al Tessitore su Wikipedia

Video, realizzatato dalla Società ViFX School Of Visual Effects, donato al Comune di Schio dal Rotary Club Schio-Thiene. 

Galleria fotografica


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