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Comune di Schio

Provincia di Vicenza - Regione Veneto


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Monumento


Fontana tipo 31567

Titolo: Fontana tipo 31567 (detta "fontana del gocciolìo")

Soggetto: la Fontana è stata donata dall'Associazione Artigiani al Comune di Schio nel 1999, in occasione dell'inaugurazione di via dell'Artigianato. In quell'occasione si è voluto dare un senso di valore aggiunto e diverso ad un'area a destinazione produttiva, com'è la zona industriale di Schio, coniugando l'acqua, simbolo culturale/imprenditoriale di Schio, con la pietra di Vicenza, simbolo del Palladianesimo culturale vicentino nel mondo. La fontana rappresenta il percorso rallentato dell'acqua e raffigura il concetto di risparmio creando un effetto di gocciolìo, interpretando così l'importanza dell'acqua, in tutti i suoi aspetti, per Schio ed il suo territorio di cui ha supportato lo sviluppo artigianale ed industriale nella storia.

Materiale: pietra bianca dei Colli Berici di Vicenza.

Ubicazione: ai bordi della rotonda tra via dell'Industria e via Veneto, nella zona industriale di Schio.

Autore:

  • Progetto: architetto Agostino Miotto. Vive e lavora a Vicenza; laureatosi a Venezia, è in attività dal 1982. Opera nell'ambito della progettazione e del restauro in edilizia civile ed industriale. Ha collaborato nella progettazione di via e piazza Garibaldi di Lonigo. Attualmente segue anche l'arredamento di interni e cura particolari progettazioni per il settore orafo della gioielleria.
  • Realizzazione: ditta Dino Casalin di Grancona. In attività fin dal 1959 grazie al signor Dino, ha la sua sede in uno dei centri della lavorazione della pietra tenera. A Grancona infatti la ditta Casalin scolpisce e lavora la pietra utilizzando tutti i tipi di materiali che quest'area le mette a disposizione. Vari ed interessanti sono i suoi prodotti che vanno dalle colonne alle balaustre ai caminetti per arrivare ai contorni di finestre fino ai rivestimenti in genere.

Periodo: 1996

Inaugurazione: 1999

Storia e aneddotica: L'opera è stata realizzata per partecipare alla terza edizione di Pietrarredo, avvenuta nel 1996; una manifestazione biennale, che si svolge a Lonigo, organizzata dalla locale Assoartigiani e che ha lo scopo di valorizzare la maestria artigiana nella lavorazione della pietra di Vicenza, in collaborazione con la progettualità degli architetti. Ogni edizione è contrassegnata da un tema: quello della terza edizione aveva come oggetto "La pietra di Vicenza nell'arredo urbano".

La Pietra di Vicenza:

    1. storia geologica
      Il quadro d'insieme del territorio, nel quale viene estratta oggi la pietra tenera, in generale era veramente "movimentato". Ci si trovava di fronte a continui sconvolgimenti, dovuti sia alla continua fuoriuscita di materiali vulcanici, sia a una progressiva e costante sedimentazione di materiali organici e non. Era un mondo che, sia per le temperature che per le enormi pressioni e gli sconvolgimenti, si stava preparando a creare le condizioni ottimali per la sedimentazione della pietra tenera. Il nostro punto di partenza è l'Eocene inferiore (55-50 milioni di anni fa), era geologica nella quale perdura una instabilità tettonica del fondo marino nell'area dei Berici e dei Lessini; il punto di arrivo è l'Oligocene (30-24 milioni di anni fa), periodo nel quale sembrano essersi stabilizzate le condizioni per la sedimentazione del materiale. Passaggio dopo passaggio, attraverso migliaia di anni si è arrivati ad avere un ambiente che nell'Oligocene assomigliava ad un'enorme laguna con caratteristiche di mare poco profondo (40-60 metri), nel quale primeggiavano temperature miti e che raccoglieva nel contempo una varietà infinita di organismi fra i quali granchi, ricci di mare, nummuliti, alghe, gasteropodi.
      Affrontiamo solo e brevemente le caratteristiche dei Calcareniti di Castelgomberto, complesso che ha per noi un significato importante visto che una particolare "facies" di essi costituisce la Pietra di Vicenza propriamente detta. Nell'Oligocene, da un ambiente marino con il fondale poco profondo e ricoperto da una vera e propria prateria algale, si passa a condizioni ambientali di piattaforma carbonatica condizionate dalla presenza di una scogliera corallina ed algale. Tale ambiente è rappresentato dalla cosiddetta Formazione delle Calcareniti di Castelgomberto, un complesso calcareo molto puro, di colore bianco a volte tendente al giallo paglierino, nel quale si riscontra la diffusa presenza di coralli sclerattini, irozoi, foraminiferi ed alghe calcaree.
      Vi era quindi una vera e propria scogliera che racchiudeva una laguna, a NW delimitata dalla fascia pedemontana valdagnese; a SW questa scogliera corallina ed algale andava da Lumignano a Mossano. Oltre la barriera, che a SE corrispondeva con i Monti Berici, vi era il mare aperto. Questa barriera corallina, della dimensioni di circa 30 chilometri, è paragonabile a quella tutt'ora esistente al largo delle coste caraibiche del Belize, in località Queen Bay.
      Milioni di anni, quindi, ci hanno regalato un materiale unico che non trova riscontro in nessuna altra parte del mondo. Si pensi addirittura che, a seconda che si estragga da una parte o dall'altra dei Colli Berici, che hanno subìto condizioni geologiche diverse, possiamo utilizzare una miriade di materiali diversi per composizione e caratteristiche.
    2. caratteristiche
      Definita anche "pietra tenera", "pietra da sega" o "pria morta", è sempre stata apprezzata fin dall'epoca romana per la sua facilità di estrazione e di lavorazione; già i Romani la ricercavano per scolpirla e tramutarla in statue, capitelli o opere che venivano esposte all'esterno. Pietra tenera quindi, ma che grazie alle sue caratteristiche fisico-chimiche ha potuto assurgere, in certe lavorazioni, a materiale concorrente del marmo. Essa ha un contenuto di silice inferiore all'1%; questa caratteristica, abbinata ad un residuo insolubile sempre al di sotto dell'1%, fa sì che essa possa essere utilizzata ottimamente in numerose lavorazioni: in particolare, i chimici che ci danno queste informazioni ci dimostrano altresì che la pietra di Vicenza, anche per la quasi totale assenza di componenti argillose, (presenti in percentuali fino al 10-11% nella pietra di Nanto), pur modificando le sue caratteristiche, diventa sempre più dura se esposta all'esterno. Lo stesso Palladio, in uno dei suoi Quattro Libri inerenti l'architettura, ci descrive questa peculiarità come già nota agli antichi.
    3. estrazione
      La pietra di Vicenza è uno dei materiali lapidei che ha per la sua estrazione il minor impatto ambientale, in quanto viene estratta prevalentemente in galleria. La ricerca del giacimento un tempo veniva effettuata con assaggi del terreno; non è raro imbattersi, nelle nostre colline, in buchi con la parvenza di gallerie che si inoltrano nella montagna per alcuni metri: questi sono i resti di primitivi carotaggi per la ricerca di vene e giacimenti. Oggi vengono utilizzate solo gallerie ben conosciute; non ne sono state aperte di nuove, sebbene tutto il territorio euganeo sia ricco di possibilità in tal senso. Per l'escavazione, quando entriamo in galleria, troviamo dei veri e propri pilastri che reggono la volta, formati dal 40-50% del materiale sfruttabile, che non viene estratto proprio per reggere tutta la galleria, evitando sia che il terreno in superficie venga danneggiato sia che la galleria subisca cedimenti. Nella escavazione vera e propria un tempo si utilizzavano arnesi molto semplici, anche per la consistenza del materiale che, contenendo una buona percentuale di acqua, risulta facile da estrarre. I blocchi, un tempo di dimensioni 300x120x80 cm, venivano lentamente isolati tramite i "canali di intacco", vere linee di frattura di circa 12-16 cm e profondi 70-80 cm, che erano pian piano scavate con picchi appuntiti. Per separare il blocco dalla montagna si usavano dei cunei inseriti nei canali di intacco che, grazie anche ad argani, rulli e paranchi, lasciavano cadere il parallelepipedo; il blocco veniva poi trasportato verso la destinazione con carri trainati da buoi. Il luogo dove veniva lavorato non era lontano dal luogo di estrazione, proprio per evitare al massimo spostamenti che generavano disagi e difficoltà . Successivamente, con l'avvento di nuove tecnologie, di seghe elettriche o a scoppio e di mezzi di trasporto idonei, i tempi e le quantità estratte sono sensibilmente mutati; i macchinari permettono di tagliare blocchi di maggiori dimensioni (300x120x100 cm) e già squadrati.

 

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Diritti sulle immagini del monumento:

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