NOTA INTRODUTTIVA

Quello che affidiamo al benevolo lettore è un lavoro che, lungi dall'essere compiuto, si presenta come un primo tentativo di costruire un catalogo dell'edilizia sacra scledense, cosí com'è venuta strutturandosi, in piú di mille anni di storia della nostra città.

Già gli Statuta communis Scledi del 1393 attribuivano alle autorità comunali il compito di conservare l'ecclesia Sancti Petri, che, allora come ora, sorgeva sul Gorzone. Oggi, cambiati i tempi, lo stesso Comune ha voluto, per il nostro tramite, offrire agli Scledensi stessi e a quei turisti che vorranno fermare il piede sulle sponde – pur aride – del Leogra, un breve vademecum per conoscere le chiese della nostra città.

L'edilizia sacra scledense non presenta - salvo alcune eccezioni - monumenti di grande respiro; tuttavia sarà per molti una sorpresa sapere che anche in modeste chiese di collina, lontane dal centro urbano, si trovano piccoli capolavori d'arte che meritano d'essere conosciuti per la loro intrinseca bellezza o perché testimonianza di un tempo che ormai sembra remotissimo.

C'è un'altra premessa che è doveroso fare: abbiamo scelto di illustrare le chiese cittadine, quali venivano censite da La diocesi di Vicenza 1998. Omaggio a S. E. mons. Pietro Nonis nel primo decennio episcopale non per voler escludere a priori altri luoghi di culto che sono nati o stanno sorgendo in città, né per dimenticare quelle piccole cappelle che si trovano all'interno di asili o istituti di ricovero. La nostra scelta è stata guidata dal desiderio di illustrare quegli edifici che, o per antichità, o per la loro bellezza, o perché poli aggregatori di un quartiere, vanno considerati elementi da cui non può prescindere la realtà cittadina.

Nel disporre il vasto e vario materiale, abbiamo seguito un criterio «genealogico». Cosí, dopo il doveroso omaggio di apertura alla Matrice di Pievebelvicino, siamo passati ad illustrare le chiese parrocchiali da essa generate (San Pietro di Schio, Santi Leonzio e Carpòforo di Magrè, Sant'Ulderico di Tretto) e poi, all'interno di queste, gli edifici sacri derivati o soggetti.

Infine in queste schede non appariranno i capitelli che, sparsi qua e là, trapuntano il territorio comunale. Quando abbiamo cominciato il lavoro di schedatura, essi erano a noi ben presenti, poi, a poco a poco che il materiale si accumulava e la loro presenza si infittiva nelle carte, siamo stati costretti a tralasciarli in attesa che si possa dedicare a questi monumenti della religiosità popolare uno strumento di consultazione adeguato ed autonomo.

Al curioso lettore, ora, affidiamo la nostra fatica, confidando nella sua benevola condiscendenza.



 
Edoardo Ghiotto – Giorgio Zacchello